L’agevolazione al 110% non è funzionale per l’ambiente: spende troppo e produce troppo poco

Secondo l’analisi costi-benefici pubblicata da Bankitalia, gli effetti ambientali del Superbonus non giustificherebbero le risorse assegnate dal PNRR. A fronte di una spesa di 13,95 miliardi di euro, l’impatto della maxi-detrazione sarà visibile solo a partire dal 2027 e comporterebbe una riduzione delle emissioni di CO2 di 0,667 milioni di tonnellate all’anno.

Così facendo, però, il bonus riuscirebbe a ripagarsi dopo il 2100: proprio per questo gli economisti Matteo Alpino, Luca Citino e Federica Zeni, autori della ricerca, hanno giudicato la misura insostenibile nell’ambito degli investimenti green del Recovery Plan.

Le soluzioni possibili sono due. Da un lato l’incentivo potrebbe dimostrarsi utile in altro modo e potrebbe giustificare la sua presenza supportando le imprese e i redditi familiari; dall’altro lato, in un’ottica ambientale, sarebbe necessario applicare una detrazione fiscale minore.

Un Superbonus poco sostenibile

Secondo lo studio di Bankitalia, dal titolo “Costs and benefits of the green transition envisaged in the Italian NRRP. An evaluation using the Social Cost of Carbon”il problema principale del Superbonus starebbe tutto nella percentuale di detrazione, troppo elevata per essere una misura economicamente sostenibile.

Il documento propone di abbassare l’aliquota al 40-50%. La riduzione complessiva delle emissioni sarebbe minore, ma il rapporto tra spesa e risultato ne guadagnerebbe, liberando fondi per altri interventi.

L’obiettivo della ricerca è infatti quello di invitare il Governo a riflettere bene su quali siano i progetti davvero meritevoli di investimento. Per fare ciò, il documento tiene in considerazione un indice specifico, il social cost of carbon.

Questo parametro, ormai affermatosi nella letteratura scientifica, calcola il costo sociale delle emissioni di carbonio a livello globale che ogni intervento riesce a ridurre. Detto in altre parole, esprime il valore in euro, attualizzato al presente, dei danni futuri globali provocati dall’emissione di gas serra rilasciati nell’atmosfera in un dato anno.

Considerato come spartiacque il 2030, anno cruciale perché i Paesi procedano verso la neutralità carbonica entro il 2050, il Superbonus non è una misura adeguata allo scopo di abbattere le emissioni inquinanti.

Secondo Bankitalia c’è solo un modo per riabilitare l’agevolazione al 110% e far sì che possa essere recuperato prima del prossimo secolo. Questo potrebbe avvenire solo se le banche applicassero un tasso di interesse sui prestiti del 2%. Così la detrazione potrebbe riuscire a ripagarsi con una quarantina di anni in anticipo, più o meno nel 2067.

Emissioni CO2 Italia (1750-2019)
Emissioni annuali di CO2 in Italia dal 1750 al 2019 • Credit foto: ipcc Italia

Rimodulare l’incentivo

Che il Superbonus sia troppo costoso è una conclusione già annunciata anche dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Non si sa ancora quali saranno le sorti della detrazione con il prossimo esecutivo, ma le prime indiscrezioni parlano di un’aliquota ridotta tra il 60% e il 70%.

Tra le proposte avanzate di FdI, Andrea De Bertoldi ha presentato alla Commissione d’inchiesta sul sistema bancario una possibile parametrazione del bonus al 110% a seconda del miglioramento in termini energetici e ambientali dell’abitazione.

“Se passa per esempio da G a D, C, o da C ad A, i vantaggi in termini ambientali sono stimabili, e quindi il proprietario avrebbe diritto a una detrazione maggiore” ha affermato De Bertoldi a conclusione dei lavori, secondo quanto riportato da Repubblica.

L’idea sposa l’analisi di Bankitalia e viene completata dallo sblocco pieno della cessione dei crediti. Continua a tal proposito De Bertoldi: ”Abbiamo presentato un disegno di legge per la liberalizzazione della cessione dei crediti d’imposta, attraverso la cessione su una piattaforma dedicata. Diventerebbero moneta fiscale”.

I progetti promossi

Se da un lato il PNRR non sembra aver fatto centro con il Superbonus, dall’altro ci sono alcuni progetti che risultano comunque soddisfacenti. Bankitalia elogia gli interventi che favoriscono lo sfruttamento delle fonti rinnovabili e sottolinea la capacità di questi di potersi ripagare nel giro di qualche decennio.

Nonostante i costi di realizzazione, pari a circa 0,68 miliardi di euro, i progetti che utilizzano l’energia eolica o delle onde del mare abbatteranno una quantità tale di emissioni da CO2 che entro il 2026 i costi saranno già stati recuperati in termini di benefici ambientali.

Tra i progetti applauditi nel documento, il migliore è quello del parco agrisolare, un’installazione di pannelli solari sugli edifici agro-zootecnici che evita di consumare nuovo suolo e riqualifica le strutture produttive.

Si tratta della misura più efficace messa in campo: a fronte di una spesa complessiva di 1,1 miliardi di euro, infatti, l’intervento verrà ripagato entro il 2028 con un tasso di prestito da parte delle banche al 2%.

Subito sotto troviamo le comunità basate su fonti rinnovabili. Per incentivare l’autoproduzione privata di energia verde, lo Stato prevede di spendere 2,2 miliardi di euro abbattendo le emissioni di 1,5 milioni di tonnellate a ogni anno dal completamento e, alle condizioni attuali, l’investimento si ripagherebbe nel 2026.

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